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Audizione Senato, posizione Cisl e Fit su privatizazione gruppo FS

SILVIO BERLUSCONI A BORDO DEL FRECCIA ROSSA PER "VIAGGIO PROVA" MILANO-ROMAPresentazione della posizione della Cisl e della Fit Cisl all’audizione presso  la Commissione VIII del Senato della Repubblica in merito all’esame dell’atto  del Governo n.251 sullo schema di DPCM circa le definizione dei criteri di  privatizzazione delle modalità di dismissione della partecipazione detenuta dal  Ministero delle Economie e delle Finanze nel capitale delle Ferrovie dello Stato

Senato della Repubblica 13 gennaio 2016

Nel ringraziare Codesta Commissione Parlamentare per l’opportunità che ci viene data, esprimiamo le nostre valutazioni sul tema, consapevoli delle intenzioni del Governo, già formalizzate con il DPCM di cui all’oggetto e sugli organi di stampa. Prima di entrare nel merito odierno si dovrebbe fare una valutazione storica, ma di estre ma attualità, sulle precedenti privatizzazioni delle aziende pubbliche di questo Paese. Per motivi di tempo e di opportunità evitiamo di farlo, ma a noi appare evidente quanto spesso si siano trasformare semplicemente da monopoli pubblici a monopoli privati, con aumento dei costi complessivi per gli italiani, con perdita del controllo a favore di aziende pubbliche estere e situazione del servizio molte volte non migliore di prima. Comunque la storia ha dimostrato che le precedenti privatizzazioni non hanno di certo diminuito il debito pubblico. Ciò premesso, la Cisl, unitamente alla propria categoria del settore dei trasporti Fit Cisl, non ha mai espresso aprioristiche contrarietà, d’impronta conservativa‐ corporativa, ai processi di apertura parziale del capitale sociale di aziende il cui possesso sia detenuto al cento per cento dal Ministero dell’economia e delle finanze. Ciò premesso, non abbiamo remore nel definire l’operazione che riguarda la cosiddetta “privatizzazione” del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane una operazione che ci vede, eufemisticamente, fortemente perplessi . Il rischio molto concreto che ravvisiamo è quello di un’operazione che, a detta degli esperti economici come riportato dai media con nessuna smentita da parte del Governo, porti ad un introito per le casse dello Stato di circa 4 miliardi di euro, nella migliore delle ipotesi. Troppo esigua la cifra rispetto al debito pubblico e al valore intrinseco di un Gruppo industriale così importante per il Paese. Un Gruppo che negli ultimi due decenni ha realizzato una gigantesca operazione d’innovazione tecnologica e del servizio sotto gli occhi di tutti e apprezzata anche a livello continentale. Non solo, ma un Gruppo che, anche grazie agli accordi voluti e sostenuti dal Sindacato, ha realizzato concrete operazioni di riduzione del costo del lavoro e di aumento della produttività che lo pongono come riferimento positivo nel mondo del lavoro. Tutto ciò è stato possibile e, soprattutto, è possibile che continui ad essere, con la condizione necessaria che il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane resti un Gruppo integrato senza idee di scissione dalla Holding attuale di Rete F. Italiana S.P.A.
Italiane S.p.A.
L’Italia è tra i pochissimi Paesi in Europa che ha ben due organismi indipendenti che decidono sulle questioni inerenti il Gestore della Infrastruttura (DM 138T del 31 ottobre 2000), ai fini delle condizioni di accesso equo e non discriminatorio alla rete ferroviaria nazionale, quali l’Agenzia Nazionale della Sicurezza Ferroviaria (Ansf) e l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (Art). L’Italia è l’unico Paese in Europa ad aver aperto alla concorrenza sulla rete ad Alta velocità. Sostenere, ancora oggi, che non vi sia una condizione di accesso equo alla rete ferroviaria è privo di fondamento reale. Per quanto esposto, quindi, riteniamo:

  • che l’operazione di privatizzazione parziale sia dannosa rispetto all’esiguità della cifra che nè deriverebbe in relazione all’inevitabile indebolimento di un Gruppo integrato e solido come l’attuale;
  • che comunque, anche rafforzando ulteriormente le competenze dell’Autorità di Reg. dei Trasporti laddove ritenuto necessario, Rfi non debba essere scorporata dal Gruppo.

Nel caso in cui il disegno del Governo prosegua, per come espresso nello schema di DPCM, ribadendo la nostra contrarietà al cosiddetto “spezzatino”, esprimiamo parere favorevole al non superare la soglia del 40% di apertura del capitale e alle impostazioni circa il tipo di azionariato, segnalando che andrebbero specificate meglio le fattispecie di sbarramento all’ingresso per tutti i soggetti in possibile situazione di conflitto d’interesse (Gruppi Bancari, altre Imprese Ferroviarie o altre aziende del settore, ecc.). Ovviamente auspicando maggiori incentivi possibili per i dipendenti del Gruppo partendo da una quota stabile a loro riservata a prezzo simbolico anche al fine di favorire processi di partecipazione dei lavoratori. Il maggiore apporto del settore ferroviario al Pil passa attraverso un rilancio del servizio di trasporto pubblico locale (pendolare ferroviario) ed uno sviluppo del trasporto su gomma al fine di strutturare, nelle regioni, reti di trasporto passeggeri complementari tra loro (funzione che dovrebbe essere esercitata dalle Regioni ma che, di fatto, viene spesso trascurata). A ciò si deve aggiungere un ruolo di grande player anche nella logistica, iniziando dal trasporto ferroviario delle merci. Per fare questo, in un ambito di conservazione delle buone relazioni industriali attualmente esistenti, occorre un Piano Industriale che declini queste come priorità e che, coerentemente, le realizzi. Non è la parziale privatizzazione, come afferma anche oggi sulla stampa il Ministro Padoan, che produce migliori performance. Al contrario, tagli agli incentivi per il trasporto delle merci, tagli alle risor se alle Regioni per il trasporto locale e operazioni di cassa a brevissimo respiro minano alla base una delle poche aziende sane e utili al Paese intero, con evidenti ricadute negative in termini di occupazione e servizio.

Segreteria nazionale Fit/Cisl

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