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Intervento di Giovanni Luciano alla Camera dei Deputati

PREMESSA

La Fit Cisl ha, fin dagli inizi, espresso forti perplessità circa il quadro normativo nazionale della liberalizzazione dell’accesso alla rete nazionale da parte delle imprese ferroviarie. Tali perplessità sono essenzialmente riconducibili all’impianto del decreto legislativo 188/2003 ed all’esistenza, in Italia, del meccanismo del cosiddetto “titolo autorizzatorio”, ex art. 131 della legge 388/2000, il quale, derogando il decreto stesso, consente il servizio passeggeri di cabotaggio entro i confini italiani (le Direttive europee recepite con il D.lgs 188/2003 consentono il solo servizio internazionale passeggeri tra stati membri).

Ci appaiono, infatti, troppo semplificate le procedure e le condizioni per sottoscrivere un “accordo quadro” con il Gestore dell’Infrastruttura e non opportunamente tarati i tempi per l’ottenimento del certificato di sicurezza anche se, per questo ultimo argomento, le novità inserite di recente nel Prospetto Informativo della Rete hanno in parte ridotto le possibili problematiche future.

Questa situazione, presente fin dal 2000, ha determinato la nascita di diverse imprese ferroviarie che, in un secondo tempo, sono state acquisite dalle ferrovie pubbliche estere. La situazione, quindi, a nostro avviso, vede: la presenza di molteplici imprese ferroviarie, l’assenza della reciprocità negli altri stati europei, soprattutto in Francia, e lo svolgimento del servizio ferroviario solo su tratte e servizi redditizi senza, peraltro, che la quota di merci trasportata su rotaia sia aumentata. In realtà, alla luce della fortissima riduzione degli scali merci operata da Trenitalia nella sua Divisione Cargo, è accaduto esattamente il contrario.

In sintesi la liberalizzazione non sembra ad oggi essere stata efficace per aumentare i volumi nel trasporto delle merci ma è stata solo diminuita la quota profittevole di servizio svolto dal Gruppo Fs a favore delle imprese pubbliche francesi, tedesche, svizzere e austriache.

PREVIDENZA E CONTRATTAZIONE

In questa situazione il quadro normativo, particolare non irrilevante, non prevede alcun vincolo inerente le condizioni di sicurezza collegate all’impiego del personale mobile od addetto a mansioni di circolazione e persino le norme previdenziali esistenti sono eterogenee a parità di lavoro svolto. Infatti, volendo fare un esempio, un macchinista in forza al Gruppo Fs in data antecedente al 1 aprile 2000 va in pensione di vecchiaia a 58 anni, un macchinista di un’azienda che applica il contratto degli autoferrotranvieri a 60 (esempio SBB Italia oppure DB Shenker Italia), uno dipendente di un’azienda che applica il contratto del merci su strada (!) a 65, come quelli dipendenti da imprese che non applicano alcun contratto collettivo nazionale di lavoro (esempio RTC) oppure da Trenitalia, se assunto dopo il 1 aprile del 2000.

Il problema, tuttora irrisolto, è la totale assenza di un collegamento delle norme contrattuali e d’impiego alla certificazione di sicurezza rispetto all’accesso alla rete come, ad esempio succede per la possibilità di svolgere attività aeroportuali a condizione di applicare le norme del CCNL di comparto, come previsto dall’Enac nel suo Regolamento.

L’assenza dell’applicazione di un contratto nazionale comune di riferimento della mobilità ferroviaria resta una fortissima criticità che il Governo, ma anche lo stesso Parlamento, potrebbe risolvere semplicemente con un’azione di stimolo all’Agenzia Nazionale della Sicurezza Ferroviaria per indurla a prevedere, per l’accesso alla rete ferroviaria nazionale, norme simili a quelle appena citate che l’Enac ha previsto per la certificazione delle aziende che svolgono servizi negli aeroporti italiani.

GESTORE INFRASTRUTTURA/ RFI – AUTHORITY DEI TRASPORTI

Per quanto riguarda le polemiche che a più riprese sono apparse circa la permanenza di Rfi SpA nel Gruppo Fs, questo Sindacato è convinto che lo stato attuale sia quello migliore. Non serve disarticolare un Gruppo disperdendo tecnologia e conoscenze per garantire l’accesso equo e non discriminatorio alla rete ma basterebbe un’ apposita sezione all’interno di una più generale Autorithy dei Trasporti, da noi sempre richiesta ed auspicata, con compiti di programmazione, regolazione e controllo del rispetto delle normative vigenti.

E’ appena il caso di sottolineare che il mondo dei trasporti e della logistica nel Paese beneficerebbe molto dall’esistenza di una specifica Authority indipendente.

TRASPORTO LOCALE

Trenitalia deve rapidamente dare corso agli impegni che ha preso con il Paese a valle della sottoscrizione dei contratti di servizio di sei anni rinnovabili, usufruendo di una sorta di monopolio garantito, immettendo nuovo materiale rotabile. Non è possibile leggere, ancora oggi, nel Piano di Impresa di Fs ulteriori slittamenti dopo che questo annuncio è stato dato già oltre due anni fa.

Il problema del trasporto ferroviario locale in Italia è dato essenzialmente dalla vetustà dei treni e dalla congestione della rete, oltre che dall’incertezza delle risorse economiche di sostegno. Laddove i trasferimenti dalle regioni siano assicurati, avendo del nuovo materiale rotabile la situazione è destinata a migliorare enormemente quando si apriranno le nuove stazioni per l’Alta Velocità a Napoli, Roma, Bologna e Milano.

Per il resto del Paese, ove non vi è la rete AV, siamo molto preoccupati visti i comportamenti di riduzione del servizio operati da Fs degli ultimi anni ed avallati dall’azionista Stato. Riteniamo, infine, di esprimere un giudizio sulle eventuali società regionali a valle dei ritorni di esperienza che darà “Trenord” in Lombardia.

SERVIZIO UNIVERSALE DI LUNGA PERCORRENZA

Occorre che il servizio che, per sua provenienza o destinazione geografica o per altre caratteristiche non possa raggiungere l’equilibrio economico, sia sostenuto da tutte le Imprese Ferroviarie che traggono profitto dallo svolgimento dello stesso in tratte remunerative come quelle ad Alta Velocità. Queste linee sono costate oltre 35 miliardi di euro alla collettività ed è giusto che chi ne beneficia economicamente paghi una quota aggiuntiva o si faccia carico di quote di servizio non profittevole, cosiddetto “universale”.

I cittadini italiani tutti hanno, ragionevolmente, diritto alla mobilità ferroviaria di lungo raggio e sono troppe le zone ormai servite poco e male da Trenitalia.

TRASPORTO FERROVIARIO DELLE MERCI

Come detto in premessa la presenza di molteplici operatori, soprattutto dalla pianura padana in su, non ha prodotto uno sviluppo del trasporto ferroviario merci. Per quanto questi anni siano stati caratterizzati da una lunga crisi economica ed industriale ancora in corso, le quote di trasportato sono diminuite a favore della gomma.

La causa principale, senza mezzi termini, a nostro avviso, è quella della fortissima azione di lobbing che produce risibili finanziamenti al trasporto ecologico (si pensi ai soli 30 milioni di ecobonus) mentre per il trasporto su strada si prevedono oltre 700 milioni annui. Occorre una legislazione di sostegno e di incentivo economico all’utilizzo di mezzi ecologici quali il treno ed in questa logica va anche prevista un’azione incisiva per un migliore collegamento della rete ferroviaria ai porti.

E’ di grande attualità la crisi del porto di Gioia Tauro, tra i primi per pescaggio nel Mediterraneo, che tuttora è mal collegato ad una rete ferroviaria che, è persino banale dirlo, va migliorata e velocizzata in tutto il sud, Calabria in primis.

Per le merci, infine, a nostro parere, occorrerebbe produrre una politica commerciale di alleanze tra le imprese ferroviarie in una logica di complementarietà con Trenitalia che crei una rete di servizi tra loro integrati, piuttosto che favorire una concorrenza fine a se stessa che, tra il disimpegno dell’azienda ex monopolista e le dimensioni strutturalmente esigue delle altre imprese, produce nei fatti meno possibilità per il sistema.

PIANO D’IMPRESA FS

Anche se non richiesto esprimiamo un parziale giudizio sul Piano d’Impresa di Fs. Parziale in quanto l’amministratore delegato non ha ritenuto, ad oggi, di volerlo illustrare ai Sindacati (!) Da quanto emerge sembra aumentare quello che secondo noi è un grande limite: la concentrazione solo sulla parte forte della rete.

Le ferrovie “italiane” sono pur sempre di proprietà di quello Stato che, persino nel logo, è stato ridotto a caratteri minimali. Non siamo d’accordo su questa politica d’impresa per un’azienda che ha una missione da compiere quotidianamente.

L’ossessiva ricerca di un ruolo di player europeo con acquisizione di pezzi di imprese di poca rilevanza o di joint venture in altre, poco si sposano con l’esigenza degli italiani di avere una rete italiana di servizi decenti. Non siamo molto favorevoli ad un piano che cerca di trovare capitali sul mercato e guarda oltralpe dando al centro ed al sud del Paese un ruolo ferroviario “extracomunitario”.

L’azienda di proprietà dello Stato dovrebbe essere richiamata a questo e le condizioni di grande produttività del lavoro che questo Sindacato, negli ultimi dieci anni, insieme agli altri ha saputo creare in quello che una volta era considerato un carrozzone, possono e devono essere sfruttate meglio a favore di tutti gli italiani.

Grazie per l’attenzione.

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