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Stalking: quando le attenzioni diventano persecuzione

L’attenzione che si trasforma in ossessione. Molestie quotidiane, silenziose, difficili da individuare e arrestare. E il sospetto diventa paura, erode la libertà fino a costringersi in una prigione soffocante.

Questo è lo stalking: comportamenti reiterati di sorveglianza, controllo, contatto pressante e minaccia che invadono con insistenza la vita di una persona per toglierle la quiete e l’autonomia. Gli atti persecutori sono ora un reato ben definito, punito con condanne da sei mesi a quattro anni di reclusione.

Dall’entrata in vigore della legge sullo stalking, il 25 febbraio scorso, è emerso un fenomeno dalle dimensioni allarmanti, portando alla luce centinaia di richieste di aiuto da parte delle vittime.

Se i numeri impressionano per la loro crudezza, è ancor più sconcertante la casistica che l’introduzione del reato ha reso finalmente visibile. Con la possibilità di intervenire: le vittime possono querelare subito lo stalker o chiederne prima l’ammonimento. Una risposta concreta ai cittadini, dopo un lungo oblio normativo.

I comportamenti persecutori sono riconducibili a molestie reiterate, sia sessuali che psicologiche, tali da causare uno stato di prostrazione che induce la vittima a modificare il modo di vivere quotidiano. Nello specifico, la legge aumenta le condanne da sei mesi a quattro anni, e le pene sono aggravate se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona legata alla vittima da relazione affettiva, se avviene a danno di un minore, di una donna incinta, di una persona disabile. Il reo è punito con l’ergastolo se, nell’escalation di atti persecutori accertati, uccide la vittima.

Per una prima assistenza è attivo 24 ore su 24 il numero gratuito antiviolenza 1522, in grado di mettere in collegamento diretto le vittime con le questure, offrendo anche supporto psicologico e giuridico.

Da marzo, inoltre, è operativo presso il Dipartimento per le Pari Opportunità il Nucleo Carabinieri – Sezione Atti Persecutori – composto da 13 carabinieri tra criminologi, psicologi, sociologi, biologi e informatici, al lavoro per monitorare il fenomeno e individuare i profili psicosociali di molestatori.

L’obiettivo finale è quello di realizzare un vademecum di riconoscimento per tutti gli operatori investigativi e di giustizia che si confrontano con la nuova tipologia di reato.

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