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RFI, una sindrome di autocastrazione

Siamo nel 2012 ed avremmo voluto scrivere altre cose. Per esempio, che davvero vi era stata una svolta, in particolare nelle Relazioni Industriali con il Gruppo FS. Ma con sommo rammarico dobbiamo registrare la solita netta posizione di chiusura. In sostanza, vi è in atto il tentativo di eludere il confronto nazionale, come contrattualmente previsto, da parte di in questo caso, mettendo inoltre in campo molteplici tentativi per raggiungere accordi nei territori con l’obiettivo di modificare pesantemente le strutture e l’organizzazione del lavoro frutto di precedenti accordi nazionali. Non sfugge a nessuno che l’obiettivo principale è quello di superare l’attuale contratto e le sue procedure. In pratica, complice l’aria restauratrice/liberalizzatrice che si respira nel Paese, fare carta straccia delle attuali procedure di relazioni Industriali, cercando nel contempo, di relegare il ruolo sindacale in un angolo. Inoltre con questi tentativi, Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) persegue solamente l’obiettivo di produrre esuberi di personale con azioni del tipo: accentrando gli impianti Dirigente Centrale Operativo (Dco) Territoriali, desertificando i territori, svuotando i Reparti Territoriali Movimento (Rtm), mettendo in atto una serie di innumerevoli economie di personale, sia nelle Stazioni che nelle sale degli impianti Centro Operativo Esercizio Rete (Coer).

Questo per quanto riguarda il Movimento. Ma il solito leit motiv riguarda anche altri settori di Rfi. Ovviamente parlare del rispetto dei pregressi impegni sulle assunzioni, manco a parlarne. Il blocco dei confronti a livello nazionale che si protrae oramai dalla primavera del 2011, non è certo indolore sul conto economico della Società, sulle sue prospettive di sviluppo e men che mai sui lavoratori e sta consegnando la stessa Società all’appuntamento, per certi versi storico, con l’avvio del servizio commerciale dell’Impresa Ferroviaria Nuovo Trasporto Viaggiatori (Ntv), in uno stato di forma molto debole e fragile.

La questione, riproposta più volte è la seguente: riuscirà rfi a sostenere l’urto di Ntv? Come sindacati ed in particolare come Fit Cisl, siamo molto preoccupati ed in particolar modo delle eventuali ricadute sul personale che quotidianamente opera tra mille difficoltà. Serviva ben altro, lo abbiamo detto più volte, avanzando anche delle proposte, lasciate cadere nel vuoto da parte della dirigenza della Società. Saranno gli eventi a dire chi aveva visto giusto, senza per questo dare adito di voler abbandonare la partita. Anzi, la vogliamo giocare con più intensità di prima via via che ci avviciniamo al fatidico giorno.

Ma dove vuole andare RFI?

Comunque, sulla questione Rfi è opportuno fare due riflessioni, partendo dal cercare di comprendere dove questa Società vuole andare. Sicuramente la ventata liberalizzatrice dell’attuale Governo, per certi versi un po’ devastante se applicata in alcuni settori, non aiuta. L’Authority dei Trasporti è più che sufficiente per rispondere alle accuse di ostruzionismo da parte di Rfi nei confronti delle altre imprese ferroviarie, senza andare ad ipotizzare scorpori. Inoltre sarebbe inutile precorrere i tempi, in attesa della definizione di uno specifico modello in esame al momento da parte del Parlamento Europeo.

Il principale compito di Rfi è quello di mantenere, potenziare e sviluppare l’infrastruttura ferroviaria nazionale. Questo indipendentemente dalla tipologia di rete e del traffico ferroviario che vi circola. Il concetto, all’apparenza lineare, ultimamente trova qualche interessato distinguo da parte di qualche assessore regionale, che immagina di poter acquisire la proprietà di alcune tratte ferroviarie per poterle gestire secondo le proprie esigenze. Peccato che se prendesse campo questo modello, che a qualche “economista” andrebbe bene, visto sotto l’aspetto dei costi di gestione che sarebbero sgravati da Rfi, determinerebbe una specie di ritorno ai tempi dei feudi, con l’applicazione di canoni di accesso e di livelli di manutenzione differenziati territorialmente. Un modello assolutamente da scongiurare, senza alcuna remora, l’unicità della rete è fondamentale per ogni Nazione.

Se il compito principale di Rfi è quello di occuparsi della rete, rimangono per certi versi incomprensibili l’atteggiamento e le azioni portati avanti dalla dirigenza. Infatti come spiegare altrimenti quanto sta avvenendo sulla rete ferroviari? Partendo dalla questione della gestione e della regolazione del traffico, la logica farebbe pensare ad un rafforzamento di certi gangli vitali, non solo in termini di persone, ma anche di formazione ed ambienti di lavoro, senza dimenticare un monitoraggio costante sul “clima” che vi si determina. L’opera di forzato accentramento dei Dco Territoriali all’interno delle Sale Coer, spesso inadeguate ad accogliere tutto il personale che il progetto di Rfi prevede, determina, soprattutto in particolari momenti, elevati livelli di tensione psicologica che aumenta in maniera considerevole le probabilità di sbagliare. Più volte lo abbiamo detto e puntualmente qualche episodio si è già verificato. Sulle misure mitigative, nessun cenno. L’esasperazione del fenomeno delle economie, può solamente determinare l’accelerazione del fenomeno dell’usura psicologica degli operatori, esponendoli, non solamente al rischio di errore ma anche a quello di avere ripercussioni sulla propria salute. Inoltre serve anche un progetto di ricambio e di affiancamento di detto personale tenendo conto anche dell’anzianità posseduta. Che dire poi “dell’anima” Manutenzione, cioè i Coordinatori Infrastrutture (C.I.) e gli impianti Dirigenti Operativi Trazione Elettrica (DOTE), che sono lasciati in balia degli eventi, anche della tanto sbandierata revisione della Comunicazione Operativa (CO) n. 190 ne sono state perse le tracce. Rfi, tramite le strutture deputate ha scelto di non decidere, o perlomeno ha scelto di portare avanti una politica di riduzione del personale.

Questo riguarda anche la parte di Movimento che ricade nella Direzione Produzione, le Stazioni ed i Reparti Territoriali Movimento. Le Stazioni, nel progetto, vengono declassate e quando possibile impresenziate anche se vi sono punti singolari delle linee da attenzionare. Negli Rtm, vengono si mantenuti, anzi ampliati i compiti, in particolar modo quelli inerenti i controlli sulla sicurezza dell’esercizio, ma viene tolto il personale ed il rischio concreto è quello di svolgere i prescritti compiti solamente sulla carta. Sulla Manutenzione Infrastrutture, anche per far fronte al blocco delle assunzioni viene ipotizzato un modello che vede una differenziazione di organizzazione del lavoro sulla base della tipologia di linea, ma anche un accorpamento di strutture aumentando la polifunzionalità del personale.

I troppi fronti di sofferenza

Altri fronti riguardano i Reparti Mezzi d’opera e la Diagnostica Nazionale. Sul primo tema, la nascita dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (Ansf) ha prodotto una frantumazione dei compiti prima svolti da Cesifer con la conseguenza di una distribuzione dei compiti e del personale tra Direzione Produzione e Direzione Tecnica. Ma è un processo che non si è completato e che avrebbe bisogno di alcune correzioni in funzione anche di alcuni compiti che sono rimasti fuori, e d’altra parte la delicatezza e l’importanza di alcune attività come sui mezzi d’opera richiederebbe una struttura più funzionale. Non è importante il numero di controlli effettuati ma la loro qualità ed il personale necessario va messo nella condizione di operare con tranquillità altrimenti, complice alcuni eventi non certo piacevoli accaduti al personale che vi opera, con ovvie ricadute di forte preoccupazione su tutto l’ambiente.

Tocchiamo ora l’argomento della Diagnostica Nazionale, assunta alle luci della ribalta qualche mese fa con la diatriba sulla funzionalità delle rete alta velocità derivante dalle corse prova del convoglio sperimentale di Ntv. Vista l’importanza di questa struttura e delle implicazioni, non ultima la questione che di fatto la Diagnostica Mobile è una Impresa Ferroviaria e che avrebbe bisogno di un Accordo Nazionale per definire funzionalmente un articolazione organizzativa che tenga conto delle varie esigenze, come la manutenzione dei mezzi, la Sala operativa, la gestione del personale, ecc. Ci sembra fuori luogo procedere con accordi territoriali che hanno effetti solamente su una porzione di struttura.

Quanto al “settore manovra”, complice anche un drastico calo del traffico merci ferroviario, in particolar modo nel 2010, si è decretato in pratica lo stato di crisi dello stesso. Ma non può essere che si chiudano scali, abbandonando in pratica questa attività anche precludendo i benefici derivanti dalla ripresa del traffico merci. Inoltre la chiusura degli scali ridisegna un reticolo che non è materia esclusiva di Rfi ma che investe l’intero Paese Italia.

E andiamo al settore Tecnologia. Con questa definizione si vuole raccogliere tutta quell’area che parte dalla progettazione, scelta e programmazione del rinnovamento tecnologico degli impianti, dal superamento della forte dipendenza dalle ditte non solo sulla fornitura di apparati ma anche sulla manutenzione di questi. Se il percorso è stato avviato, con l’esempio pratico dell’installazione del Sistema Controllo Marcia Treno (Scmt) in Sicilia, ci troviamo di fronte ad un bivio, nel senso per poter camminare con le sue gambe e produrre i risultati importanti sia economici che di specializzazione del personale, ha necessità che la dirigenza di Rfi rompa gli indugi e prosegua nella direzione avviata anche finanziando le attività ed assumendo del personale per dargli la giusta operatività. Non può essere che si sbandierino i premi derivanti da sistemi come l’European Railwais Traffic Management System (Ertms) senza riconoscere i meriti dei ferrovieri. Inoltre l’attività di progettazione e di rinnovo tecnologico ha effetti positivi per affermare il valore del “made in Italy” nel mondo. Questo agire è molto praticato dal altri Paesi come la Francia che riesce ad esportare la loro tecnologia facendo squadra in maniera egregia.

Tutto questo in rapida sintesi. Potremmo parlare del sistema abilitativo, del personale tecnico amministrativo, dei Cantieri Meccanizzati C.M.), dei Reparti Telecomunicazioni (Tlc) , ecc. ma avremo modo di ritornare sull’argomento anche tramite lo strumento delle Commissioni tecniche.

Meschinità costose e controproducenti

Un’ultima ciliegina è la tematica del badge. Premesso come qualcuno afferma, che il sindacato vuole impedire il controllo sull’orario di lavoro è assolutamente falso, vi è da riportare il fatto che la Società si è arroccata su una posizione di assoluta negazione del confronto. Confronto sulla risoluzione delle criticità derivanti dall’applicazione di tale metodo nella realtà dell’Esercizio ferroviario. Come Fit Cisl respingiamo tutti i tentativi atti a trovare alchimie fuori da un tavolo ufficiale, in principal modo a garanzia dei lavoratori, ma non solo. Ma un giorno qualcuno ci dovrà spiegare, soprattutto in rapporto a momenti come l’attuale in cui i finanziamenti pubblici si sono ulteriormente ridotti, perché impegnare una cifra considerevole per mettere a punto il progetto sui badge all’esercizio. Una piccola nota, la posa di ogni lettore costa oltre duemila euro, cifra da moltiplicare per il numero delle apparecchiature installate in ogni Direzione Territoriale Produzione (Dtp), a cui va aggiunto il tempo dedicato per la progettazione e realizzazione del sistema nel suo complesso. Questi soldi potevano benissimo essere impiegati proficuamente in altro modo, a titolo di esempio anche per cofinanziare l’acquisto di qualche mezzo d’opera. Ci sfugge infatti la necessità impellente di realizzare tale operazione, come se all’atto pratico fino ad adesso l’attività non fosse svolta.

Ed inoltre si punisce inutilmente il morale del personale -quadro con responsabilità d’impianto, mettendo in discussione la loro attività in materia di controllo degli orari del personale sottoposto.

In sostanza Rfi si fa scudo dei tagli al Contratto di Programma da parte dei vari governi, che hanno ritenuto i fondi economici destinati alle ferrovie alla stregua di una spesa non prioritaria e quindi destinataria dei vari tagli pesanti, affossando quindi lo sviluppo ed il potenziamento delle rete infrastrutturale ferroviaria, non può essere che l’unica reazione da parte della Società sia quella di tagliare drasticamente attività e personale, mettendo il restante personale in condizioni operative veramente problematiche, ma anche con ripercussioni di più ampia portata. Riteniamo assolutamente fuori luogo avanzare proposte tipo quelle di demansionamento da certificare davanti ad una Commissione di Conciliazione per il personale oggetto di una perdita di attività.

Sulla questione della sicurezza, seppur qualche timido passo in avanti è stato fatto, non vi sono le risposte alle questioni prioritarie poste dai sindacati ed in particolar modo dalla Fit Cisl. A titolo di esempio le proposte di modifica alle procedure di briefing non hanno trovato ancora riscontro e le attrezzature di sicurezza illustrate dalla Società sono di là da venire. In sostanza anche il tavolo di confronto sulla sicurezza è pesantemente condizionato dalle vicende politico/sindacali che ingessano non solamente Rfi ma tutto il Gruppo FS e che vanifica l’impegno profuso da chi si occupa della materia. Rimaniamo altresì perplessi dell’assenza di risposte da parte dei vari Ministri dei Trasporti, preposti alla vigilanza sulle ferrovie, per garantire un minimo di investimenti sulla rete.

Infine, l’assenza forzata di un confronto, oltre a produrre danni economici rilevanti non permette di addivenire ad accordi che vadano nel senso della costruzione di un modello organizzativo più aderente alla realtà attuale e che arrivi a produrre anche i suoi effetti sull’intera struttura di vertice. Ciò anche in considerazione degli effetti pratici del modello attuale.

Più organizzazione e meno ragionieristica

La manutenzione, lo sviluppo e l’implementazione tecnologica della rete ferroviaria nonché la gestione della circolazione ha bisogno di una organizzazione funzionale, che non può assolutamente prescindere da una dotazione organica di personale opportuna e dalla sua formazione. Non posso essere fatti solamente calcoli “ragionieristici”, tesi ad individuare poco personale e mal qualificato, ed il cui connubio potrebbe determinare la riduzione degli attuali livelli di affidabilità raggiunti dalle ferrovie italiane.

Come Fit Cisl siamo impegnati e determinati a ripristinare un corretto sistema delle corrette Relazioni Industriali, perseguendo, insieme agli altri sindacati l’avvio di un confronto vero a tutto campo, partendo dal Piano Industriale per approntare una organizzazione funzionale, che sappia gestire al meglio l’ulteriore implementazione della liberalizzazione ferroviaria, dando risposte alle tante criticità che emergono quotidianamente e con cui si devono confrontare i ferrovieri. Ferrovieri che in molteplici occasioni, nonostante le questioni suesposte, nonostante, il mancato rinnovo contrattuale, nonostante la mancata corresponsione del Premio di Risultato e nonostante le piccole/grandi angherie di cui sono oggetto, hanno dato ampiamente prova di un grande senso di responsabilità e di competenza. Basti ad esempio pensare al ripristino della circolazione ferroviaria ed ai successivi interventi di normalizzazione nella Stazione di Roma Tiburtina e di cui la stampa ha riportato solamente gli aspetti negativi, poggiando anche sul blando profilo tenuto da chi avrebbe avuto il dovere prioritario, in quanto responsabile del Gruppo FS, di evidenziare il comportamento ammirevole di chi si è prodigato per il ritorno alla normalità.(Massimo Malvisi)

 

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